Zonazione si, zonazione no, il dubbio del Brunello
Se ne parla da anni ma mentre all’estero cresce la richiesta di zonazione fra i produttori di Brunello cresce la preoccupazione per le divisioni interne
Di Donatella Cinelli Colombini
La maggiore sostenitrice della divisione in microaree è Kerin O’Keefe la brava scrittrice e giornalista che degusta i vini italiani per il Wine Enthusiast e conosce il territorio del Brunello palmo a palmo per avere soggiornato lungamente a Montalcino e avergli dedicato due libri. Nel secondo di essi Brunello di Montalcino – Understanding and Appreciating One of Italy’s Greatest Wines ha formulato la prima vera ipotesi di zonazione che è stata poi ripresa da Walter Speller uno dei più competenti collaboratori di Jancis Robinson e da altri wine critics stranieri come Tim Atkin.
Manca invece, a Montalcino, una volontà politica e una ricerca scientifica come quella svolta in Piemonte fra il 1994 e il 2000
su incarico della Regione Piemonte nell’area del Barolo. Una indagine interdisciplinare che vide impegnate università centri di ricerca, associazioni dei produttori e portò a analisi geologiche, microclimatiche, vendemmie sperimentali … con tantissimi dati ma poche certezze sulla reale differenza fra zone diverse. Le sottozone o meglio le menzioni geografiche sono poi scaturite più dalla storia che dalla scienza e sono 166. Nonostante il lungo lavoro di mediazione sono avvenute controversie fra i produttori di cui quella su Cannubi ha fatto il giro di tutti i tribunali d’Italia e di tutte le testate giornalistiche del mondo.
E’ proprio di situazione di questo genere che il Consorzio del Brunello ha paura, cioè la perdita di quella capacità di fare squadra che è stata per anni il punto di forza dei produttori di Brunello.
Più di recente anche Wine News ha affrontato l’argomento proponendo una divisione dell’area del Brunello basata sulle frazioni del Comune di Montalcino, cioè sui confini amministrativi. Una ripartizione questa che non si basa sulla qualità dei vigneti e non va nella direzione di quanti invece vorrebbero una sorta di graduatoria mettendo il Brunello di serie A, quello storico, ben distinto dai “nuovi territori” oppure dalle “zone fresche” che dopo il global warming stanno rapidamente conquistando consensi.
La presenza di moltissimi Brunello frutto di vigneti situati in zone diverse della collina montalcinese complica la questione. C’è inoltre il rischio che la zonazione influenzi il giudizio qualitativo sui vini e soprattutto i valori immobiliari. Alla fine il problema è talmente spinoso e complesso da spingere il Comune di Montalcino e il Consorzio del Brunello a una giusta cautela e forse a un’auspicabile approfondimento della questione con centri di ricerca di altissimo livello.