Ristorazione e turismo del vino

Fattoria del Colle - prosciutto di cinta senese

Ristorazione e turismo del vino

I turisti del vino amano mangiare bene e tipico. Per questo la ristorazione gioca un ruolo fondamentale nel successo turistico dei distretti viticoli

Fattoria del Colle - prosciutto di cinta senese

Fattoria del Colle - prosciutto di cinta senese

Per questo il suo innalzamento qualitativo è importantissimo. Allo stesso tempo è indispensabile indagare, valorizzare e preservare il ricettario tradizionale di ogni denominazione prima che i visitatori ne corrompano l’integrità. I piatti tipici sono infatti, contemporaneamente, fra le calamite turistiche più potenti e insieme fra le cose più soggette ad alterarsi a causa del turismo. Vediamo il primo punto: enogastronomia come potenziatore dell’appeal turistico. Secondo l’Osservatorio delle Città del Vino curato da Fabio Taiti del CENSIS (2011) i turisti del gusto italiani sono circa tre milioni, provengono soprattutto da piccoli centri e sono prevalentemente maschi. Anche i dati dell’ Osservatorio Nazionale del Turismo (2010) confermano l’importanza numerica di questo segmento capace di ingenerare 18 milioni di presenze cioè di pernottamenti. Del resto, la nota indagine GPF per Negroni del 2009, che ha stimato il fenomeno “foodies” per l’Italia, ha rivelato che l’ 8% della popolazione cioè 4.500.000 dei connazionali vivono la buona tavola come socialità, innalzamento della qualità della vita e sperimentazione di culture diverse.

Un esercito con la forchetta in mano! Un esercito che può consentire la sopravvivenza degli artigiani dell’agroalimentare e delle

Campania Ristoarnte Casa del nonno 13 stracotto con purea di patate e castagne

Campania Ristoarnte Casa del nonno 13 stracotto con purea di patate e castagne

produzioni storiche, soprattutto nelle zone rurali. I turisti del gusto sono infatti un mercato ad alta capacità di spesa  e persino un  “primo mercato d’esportazione”. Parliamo ora del rovescio della medaglia: infatti, se il turismo può crescere grazie alla presenza di prodotti alimentari tipici distintivi e qualificati, contemporaneamente può distruggerli. Il fenomeno riguarda soprattutto il ricettario locale che, a causa del turismo subisce forme di alterazione e adattamento. I dati rilevati dall’OTDOsservatorio Turistico di Destinazione del Comune di Siena – raccolti nell’opuscolo stampato nel 2011 e intitolato Local identity and gastronomic tradition,  evidenziano una sostanziale integrità dei piatti tradizionali che appaiono preparati in forma “filologica” ma una sostanziale modificazione del ricettario locale proposto in ristorazione. Le preparazioni senesi risultano infatti solo il 16,9% di quelle presenti nei menù dei ristoranti mentre il 48,6% appartengono a un poco definito ricettario italiano. E’ indispensabile ricordare che Siena ha circa 60.000 abitanti, poco meno di un milione di presenze turistiche e intorno a 3 milioni di escursionisti giornalieri. Ha dunque un alto carico turistico così come le destinazioni enoturistiche di maggior successo.

Luciano zazzeri - La Pineta Bibbona LI - 8 marzo 2012 - cena Donne del vino

Luciano zazzeri - La Pineta Bibbona LI - 8 marzo 2012 - cena Donne del vino

L’ indagine è la prima sull’inquinamento turistico della gastronomia locale e mostra come i  turisti, chiedendo  frequentemente  i piatti più noti italiani,  spingano gli chef a includerli nel menù.  Il loro è un ingenuo tentativo di sperimentare  la nostra cultura senza capire che essa cambia da un paese all’altro e non solo da una regione all’altra. Il caso più vistoso di  inquinamento dell’identità locale – gastronomica è la massiccia diffusione del tiramisù in tutta la ristorazione italiana quando fu inventao cinquanta anni fa in Veneto . Si tratta di un problema da non sottostimare perché tutto ciò che omologa, che indebolisce i caratteri distintivi di una località, riduce la sua attrattività  e accorcia il suo ciclo di vita come destinazione turistica. Se vogliamo dunque offrire ai visitatori un’esperienza del territorio che li emozioni e li fidelizzi, bisogna catalogare le ricette locali e proporle nella ristorazione eseguendole in modo fedele ma anche  con ingredienti della zona. Quanto più piccola è la zona, tanto più il suo patrimonio di cultura materiale è aggredibile e quindi va catalogato urgentemente, paese per paese, denominazione per denominazione.

Vediamo dunque come fare. Il primo passo è la trascrizione delle ricette raccontate dalle persone anziane e più competenti. C’é

Valtellina formaggio Bitto

Valtellina formaggio Bitto

poi l’adattamento alla ristorazione e le sue possibili rivisitazioni fase che dovrebbe coinvolgere gli chef a fianco delle istituzioni locali. L’ultimo step è la divulgazione, che passa attraverso la pubblicazione di libri, opuscoli, l’organizzazione di eventi e soprattutto la maggiore visibilità nei menù. L’ elenco dei piatti che arriva tra le mani di tutti i commensali della ristorazione è infatti il principale strumento di diffusione del patrimonio culinario di cultura materiale. Le ricette tipiche, quindi, devono essere facilmente identificate e possibilmente spiegate. Anche la formazione del personale di sala ha un’importanza notevole. Il pasto finisce di essere l’atto di alimentarsi e diventa, grazie alle spiegazioni di chi serve i piatti, un intrattenimento e un’ esperienza culturale. A tale proposito va ricordato che Mara Manente, del Ciset (Università di Venezia), nel suo studio sul territorio senese del 2008,  ha diviso i turisti in due gruppi: quelli che percepiscono cibi e vini del territorio come complementi piacevoli del viaggio e quelli che li considerano un tutt’uno con la civiltà senese. L’enogastronomia è dunque percepita come “cultura” e non come un insieme di prodotti.  I contenuti immateriali di cibi e vini in termini di storia, stile di vita, civiltà locale sono insomma un fatto assodato e vengono riconosciuti da un larghissimo numero di visitatori come una parte integrante della civiltà di una destinazione.

Piemonte - salse dei bolliti

Piemonte - salse dei bolliti

Non va inoltre dimenticato che la qualità dei pasti ha un impatto rilevante sulla valutazione dei turisti che tornano a casa. L’indagine Go Wine -Bocconi del 2007 gli attribuisce  il 73% nell’opinione dei turisti del vino. Tornando ancora una volta a utilizzare l’Osservatorio delle Città del Vino del 2011 vediamo che il 40% del denaro degli enoturisti in viaggio finisce in pasti e shopping alimentare a cui si aggiunge il 17% investito nell’acquisto di vini. Alla fine risulta evidente che per ogni Euro speso dagli enoturisti nelle bottiglie ne pagano altri 4 per servizi e acquisti. Una grande opportunità per i territori vitati. Un’opportunità da non perdere e per  intercettarla la ristorazione tipica gioca un ruolo fondamentale.

Visto per voi da Donatella Cinelli Colombini