
LO CHAMPAGNE HA BISOGNO DI PIU’ FRESCHEZZA?
LA RICERCA DELLA FRESCHEZZA E LONGEVITA’ NELLO CHAMPAGNE PASSA ATTRAVERSO I POLIFENOLI E NON L’ACIDITA’. LA LEZIONE DI CRISTAL, DOM PERIGNON E MOET & CHANDON

Champagne la freschezza cercata nei polifenoli
di Donatella Cinelli Colombini, #winedestination, #brunellodimontalcino
Ho pensato: forse il titolo di questo articolo di The Drink Business << Perché è il momento di ripensare il concetto di freschezza in Champagne >> dipende dal global warming come scrive Patrick Schmitt MW dopo aver assaggiato << un paio di champagne completamente maturi di alcuni degli anni più caldi della regione, tra cui ’76 ma anche ’89, mentre ascoltavo i pensieri del talentuoso maestro di cantina di Louis Roederer, Jean-Baptiste Lécaillon>>.
LE TEMPERATURE SALGONO, L’ACIDITA’ DELL’UVA SCENDE MA GLI CHAMPAGNE SONO PIU’ FRESCHI DI PRIMA
Oppure questo dipende dal cambiamento del gusto che riguarda sia gli esperti che i più semplici consumatori finali ed è stato sancito dalla batosta subita dalle bollicine francesi al Champagne & Sparkling Wine World Championships (CSWWC) 2024, il campionato mondiale dei vini effervescenti, dove gli spumanti italiani hanno ottenuto 167 medaglie mentre la Francia 91. Un risultato che dovrebbe far riflettere i colleghi d’oltralpe indipendentemente dal rialzo delle temperature che c’è in Champagne come in Trentino o in Franciacorta.
Sono appena stata in Champagne ed ho assaggiato moltissime bottiglie straordinarie soprattutto da Bollinger, Louis Roederer e Krug. Ovviamente ogni maison ha un suo stile distintivo ma c’era una generale evoluzione rispetto al tradizionale carattere ossidativo e la presenza di un tratto più fresco. Era talmente evidente che, a un certo punto, ho chiesto a Maurizio Zanella <<ma non è che lo Champagne si sta italianizzando?>>.
LO STILE DELLO CHAMPAGNE SI STA ITALIANIZZANDO?
Ho capito cosa stava succedendo solo leggendo l’articolo di The Drinks Business. Gli enologi francesi cercano la freschezza nei polifenoli e non negli acidi.
All’apparenza i produttori francesi non sono preoccupati dall’acidità ma cercano << un equilibrio attraente tra ricchezza e freschezza>> nella convinzione che le estati sempre più calde non compromettano la longevità dei vini. <<L’errore dello Champagne è pensare che l’acidità sia la chiave>> sostiene il maestro di cantina di Louis Roederer, Jean-Baptiste Lécaillon <<dovremmo parlare della sensazione di freschezza, non di quello che è>>.
Il riferimento è ai polifenoli maturi che, secondo, l’autore dell’articolo <<imita una ferma acidità e fa venire l’acquolina in bocca>>. Lécaillon non è l’unico maestro di cantina dello Champagne a puntare sui polifenoli e non sull’acidità. Vincent Chaperon enologo cantiniere di Dom Pérignon ha detto le stesse cose presentando il 2015 e così ha fatto Gouez il maestro della cantina di Moet & Chandon sottolineando il lavoro sull’estrazione di fenoli fini per portare luminosità ai suoi vini <<È qualcosa di nuovo per lo Champagne: con la maturazione all’inizio della stagione a causa delle temperature più elevate e dei livelli più elevati di luce, stiamo ottenendo più aromi, più zucchero e meno acidità, che è in meglio, perché lo Champagne verde non esiste più>>.
ENORMI INVESTIMENTI MA ANCHE ENORMI PREZZI PER GLI CHAMPAGNE ROSE’
Questo spiega il tratto “più italiano” che ho sentito nei meravigliosi Champagne assaggiati a Reims. Forse da noi la ricerca di tannini fini maturi c’è sempre stata, a causa del nostro clima, che ora è anche il loro clima.
Colpiscono gli enormi sforzi in vigna e in tecnologia di cantina. Per ottenere un Cristal rosè in perfetto equilibrio i vigneti sono coltivati in modo biodinamico, le uve vengono raffreddate per 24 ore a meno 4°C prima della vinificazione Ma alla fine lo Champagne costa 600€ a bottiglia.