LA BELLEZZA DI UMBERTO ECO E IL VINO (2)

Mondrian l'armonia delle proporzioni astratte

LA BELLEZZA DI UMBERTO ECO E IL VINO (2)

LA BELLEZZA NEL NOVECENTO E NEL POST MODERN UNA NUOVA ESTETICA INDUSTRIALE CHE SI ESPRIME NELLA LOTTA FRA DESIGN E STYLING FRA PROVOCAZIONE E CONSUMO

Pollock Peggy Guggenheim Collection

Pollock Peggy Guggenheim Collection

di Donatella Cinelli Colombini, #winedestination

LA BELLEZZA NEL NOVECENTO

Il Novecento è caratterizzato da un modello di bellezza borghese fatto di praticità, durata e prezzo. Ogni valore di bellezza e utilità si sottopone al valore di scambio. In altre parole la fruizione estetica dell’oggetto bello si trasforma nell’esibizione del suo valore commerciale. La bellezza è pervasa da uno spirito sociale, pratico e innovativo. L’art and Craft è la glorificazione della bellezza artigianale. L’Art Nouveau e il successivo stile Decò parte dalla decorazione dei libri mantenendo sempre un connotato floreale e ornamentale. La bellezza Jugendstill basata sulla bellezza delle linee, semplici e funzionali. All’opposto la Bauhaus concentrata sul razionalismo e il funzionalismo.
La bellezza cerca la sintesi fra estetica, funzione, qualità e produzione di massa.

LA BELLEZZA NELL’EPOCA DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE

L’inizio del secolo è segnato dalla scoperta dell’inconscio da parte di Freud, dallo stile Liberty e dall’architettura “organica” di Frank Lloyd Wright e quella inquieta ispirata alla natura di Antoni Gaudi.
Il Novecento segna una costante attenzione verso gli oggetti d’uso mentre avviene una progressiva mercificazione della vita e delle cose. Diminuisce l’importanza del valore d’uso e cresce quella del valore commerciale. La bellezza è riproducibile: al MoMa di New York e al Museo delle Arti decorative di Parigi vengono dedicati spazi a oggetti quotidiani come mobili e accessori.
Il dadaismo denuncia l’asservimento dell’arte all’oggetto d’uso e compie il processo investo con Marcel Duchamp che prende un orinatoio e lo rifunzionalizza come opera d’arte esponendolo in un museo. La Pop Art va oltre. Prendendo atto della perdita, da parte dell’artista, del monopolio delle arti visive in un mondo saturato di merci, Andy Warhol espone dal barattolo di fagioli alla lattina di CocaCola schiacciata.
Nel passato le macchine non erano considerate belle. Solo Leonardo le disegna con cura. Nell’Ottocento e nel Novecento sono considerate una minaccia. E’ solo nel Novecento che i Futuristi proclamano la macchina da corsa più bella della Nike di Samotracia. Una nuova estetica industriale che si esprime nella lotta fra design e styling e produce macchine assurde come lo strumento di tortura di Frank Kafka dove l’ingranaggio è talmente fascinoso che persino il boia giunge a immolarsi a gloria della sua creatura. L’estetica contemporanea rivaluta il materiale e lo usa in modo nuovo, conferisce forma all’informe, raccoglie oggetti per caso, recupera resti industriali semidistrutti … una beffarda polemica contro il mondo industriale. E’ una nuova estetica dei frattali.

LOTTA FRA LA BELLEZZA DELLA PROVOCAZIONE E LA BELLEZZA DEL CONSUMO

La bellezza della provocazione è quella delle avanguardie: cubismo, espressionismo, surrealismo, fino all’informale. I canoni estetici sono violati e gli artisti non si pongono il problema della bellezza.
Solo l’astrattismo recupera l’idea di armonia: da Mondrian a PollocK.
Ci sono gli happenings come i grandi concerti rock che prendono il carattere di riti collettivi.
La Bellezza di consumo è la moda, il make-up, lo stile di vita.
Il modello di bellezza proposto dai mass media non è multiforme e sempre più indipendente da espressioni culturali più alte. Un’orgia di tolleranza che apre le porte alla sperimentazione individuale e coincide con la ricerca di sé, quasi un bisogno di farsi sentire in una situazione in cui tutti parlano e nessuno ascolta.
Alla fine di questa lunga carrellata fra le diverse espressioni della bellezza viene da chiedersi se noi del vino siamo abbastanza trasgressivi da interpretare nel modo giusto la bellezza contemporanea oppure usiamo solo due elementi: l’ostentazione del lusso e il binomio tradizione/cultura quando invece ci sarebbero anche altri orizzonti da esplorare comunicando con materiali, luce, suoni, odori ….. pur mantenendo fedeli al ruolo di testimoni del proprio territorio.
Proviamoci.