
GLI INNOVATORI DEL VINO ITALIANO 10
ALCUNE INIZIATIVE HANNO AVUTO UN IMPATTO RILEVANTISSIMO SULLA STORIA DEL VINO ITALIANO: FORMAZIONE, STAMPA SPECIALIZZATA, GUIDE, FIERE E SOMMELIER
di Donatella Cinelli Colombini #winedestination

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Questo gruppo di 5 innovatori riunisce in forma molto, molto, molto riassunta delle iniziative che hanno determinato radicali cambiamenti nel modo di produrre, commercializzare, consumare il vino italiano. Nell’insieme mostrano un processo virtuoso verso l’innalzamento qualitativo e il passaggio dalla vendita del vino sfuso alla commercializzazione di bottiglia con il proprio marchio. Un processo che ha fatto crescere produttori e consumatori e che ha avuto un’accelerata alla fine del Novecento con il fiorire di nuove iniziative per poi consolidarsi nella forma attuale.
Con il post numero 10 di questa serie siamo arrivati a 50 profili. Per andare avanti ho bisogno delle vostre idee e dei vostri suggerimenti e li aspetto a donatella@cinellicolombini.it.
Mi scuso per tutti quelli che avrebbero meritato di essere citati e invece non sono ricordati in questo testo ma non potevo allungare oltre questa scheda che è già molto prolissa.
LA FORMAZIONE
La formazione ha giocato un ruolo determinante nella qualificazione del vino italiano partendo dalle scuole enologiche di Conegliano (1876), Avellino (1879) e Alba (1881), con a fianco le associazioni enofile e le cattedre ambulanti.
Un’offerta formativa che si è propagata in tutta Italia, nel corso del Novecento, allungandosi poi nelle università.
Fino a una trentina d’anni fa lo sforzo di acculturazione si è concentrato sul settore produttivo formando agronomi e enologi e affiancando alle Facoltà di Agraria-Enologia ad associazioni come l’Accademia dei Georgofili, (1753) nel piccolo Granducato di
Toscana e, dal 1949 nell’Italia repubblicana, l’Accademia Italiana della Vite e del Vino, nate con lo scopo creare condivisione tra

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studiosi, titolari e manager di imprese agricole, creando un network virtuoso capace di accelerare la propagazione delle nuove conoscenze di agronomia e enologia.
Solo recentemente le materie legate al wine business hanno fatto capolino nel mondo universitario e in quello dei centri di formazione con proposte sempre più mirate e diversificate per i wine managers, gli addetti al marketing, al commerciale, alla comunicazione e più recentemente al settore digitale. Una spinta decisiva in questa direzione è arrivata da Stevie Kim, la vulcanica manager director di Vinitaly International a cui si deve la creazione, nel 2014, di Wine2wine il primo wine business forum in Italia che ha rivoluzionato i temi puntando sul digitale e le nuove tendenze. Anche il modo di esporre gli argomenti è stato rivoluzionato usando pillole di pochissimi minuti.
LA STAMPA SPECIALIZZATA
La stampa specializzata in vino ha avuto un ruolo fondamentale nella crescita qualitativa della produzione enologica italiana. Ho provato a semplificare la sua evoluzione segnalando tre momenti di svolta.
Nel 1928 esce per la prima volta “Il Corriere Vinicolo” ad opera di un gruppo di pionieri che, nel 1895 aveva fondato l’Unione

pino Khail gli innovatori del vino italiano
Lombarda fra i Negozianti di Vini oggi nota come UIV Unione Italiana Vini. Lo scopo dell’associazione prima e del periodico poi era di informare produttori e soprattutto i commercianti sul settore enologico. I contenuti sono stati sempre tecnici con una particolare attenzione al mercato italiano e internazionale. Se originariamente Il Corriere Vinicolo parlava soprattutto al trade nazionale, informandolo su prezzi, volumi e specificità produttive, lentamente si è trasformato in una indispensabile fonte di informazioni per le cantine che vogliono sapere le tendenze dei marcati internazionali.
Una seconda pietra miliare per la stampa specializzata arriva nel 1974 con la nascita di Civiltà del bere, fondata da Pino Khail, Giaci Furlan e Vincenzo Buonassisi. La missione di “informazione, documentazione e difesa della qualità” è sempre stata perseguita con passione e, soprattutto, con rigore: infatti è stato il primo magazine ideato e scritto da giornalisti professionisti. Khail, che ne è stato il primo e principale direttore, era un infaticabile motore di iniziative che facevano dialogare i produttori e li spingevano a migliorarsi e internazionalizzarsi. Ricordo con quanto orgoglio i miei genitori parteciparono a una missione a New York organizzata da Khail, ancora negli anni ’80. Il viaggio avvenne con un aereo interamente occupato dai migliori produttori italiani e Khail diceva scaramanticamente <<se questo volo cade il vino italiano è distrutto>.
Arriviamo alla terza e ultima tappa del nostro viaggio nell’editoria enoica italiana: da un’idea di Stefano Bonilli, il 16 dicembre 1986, esce “Il Gambero Rosso”, un inserto di 8 padine nel quotidiano “Manifesto”. Prima di allora non c’era nulla del genere, si trattava infatti di un periodico di critica gastronomica, in edicola il secondo martedì di ogni mese, che proponeva test sui prodotti e comparazioni e raccontava pranzi e cene. Parlava a una nuova categoria di persone nuove, i “foodies”, che inizialmente vennero cercati a sinistra, infatti era nato sotto l’egida di Arci Gola che contava su una base di 22 mila associati. Il Gambero Rosso è il punto di partenza da cui è nata la Guida ai Vini d’Italia e altre iniziative editoriali, una piattaforma multimediale, il magazine, sito internet, web tv, channel. Gambero Rosso organizza eventi in tutto il mondo agevolando la penetrazione commerciale dei migliori vini italiani.
LE GUIDE DEI VINI
Fra i maggiori fattori di cambiamento del vino italiano ci sono le guide dei vini, cioè i repertori che ogni anno segnalano le bottiglie più riuscite assegnando loro dei premi. Esiste tuttavia una sorta di antefatto nel “Catalogo Bolaffi dei vini d’Italia” (1969) che, sotto la guida di Luigi Veronelli, conteneva il Gotha delle bottiglie di pregio e veniva usato da Ristoranti e Enoteche per i loro acquisti

Daniele Cernilli Roma Presentazione della Guida essenziale 2014
Nel 1988 c’è la svolta e viene pubblicata la prima Guida ai Vini d’Italia del Gambero Rosso con l’assegnazione dei 3 bicchieri alle bottiglie migliori. Si tratta di un periodo molto particolare per il vino italiano che nel 1986 era stato scosso dallo scandalo del metanolo con il suo terribile strascico di 19 morti. La voglia di riscatto e di qualificazione prende la forma di un nuovo sistema di controlli con l’anagrafe vitivinicola regionale e l’istituzione dell’Ispettorato centrale repressione frodi presso il Ministero dell’Agricoltura. La Guida del Gambero fa parte di questo risveglio. Originariamente era frutto di un gruppo misto proveniente da Arci Gola e dal Gambero Rosso che sotto la regia di Stefano Bonilli aveva due curatori, Daniele Cernilli e Carlo Petrini. Un sodalizio che poi si scioglie e vede Slowfood pubblicare, nel 1992, la prima edizione della Guida al vino quotidiano e, nel 2011, la prima edizione di Slow Wine che attualmente poggia sulla collaborazione con i sommelier FISAR.
In epoca successiva anche Daniele Cernilli lascia il Gambero Rosso per creare un proprio progetto divulgativo, didattico e editoriale con il nome DoctorWine ed pubblica la Guida essenziale ai vini d’Italia (2014)
Dalle esperienze di Veronelli e del Seminario Permanente Veronelli nasce, nel 2009 la Guida Oro i vini di Veronelli.
Ancora dall’esperienza veronelliana deriva la proposta di Luca Maroni che, nel 1993 realizza la prima edizione dell’ “Annuario dei Migliori Vini Italiani”, un rapporto sulla produzione vinicola delle migliori aziende italiane.
Nel corso degli ultimi 20 anni il numero delle guide dei vini italiani è molto aumentato (Vini buoni d’Italia, Espresso, I migliori 100 vini e vignaioli d’Italia di Luciano Ferraro … ) anche per effetto di divaricazioni degli stessi progetti, è il caso della maggiore compagine della sommelierie che inizialmente produceva una sola guida e ora ne propone due: la Guida Vitae dei Sommelier AIS e Bibenda pubblicata dai Sommelier FIS.
LE FIERE E VINITALY
Le fiere hanno consentito alle cantine italiane, anche piccole, di imbottigliare il proprio vino e uscire da una distribuzione di prossimità per raggiungere mercati anche lontani mediante i rapporti con i numerosissimi buyers esteri presenti nei padiglioni fieristici. Il

Veronafiere-Vinitaly
passaggio da vetrina del vino italiano a motore commerciale è ben raccontato dalla storia di Vinitaly. La fiera veronese nasce a Siena nel 1933 con il nome di Mostra mercato nazionale dei vini tipici e pregiati che nell’anno successivo viene riconosciuta per legge come un Ente Autonomo. Il passaggio da Siena a Verona avviene negli anni ‘70 del secolo scorso.
A Verona, agli inizi degli anni Sessanta nella Fiera dell’agricoltura ci sono due stand dedicati al vino che attraggono pochissime persone. Angelo Betti, un giornalista veronese, aiutato da uno studente brillante, Sandro Boscaini, che aveva fatto la tesi di laurea sui canali distributivi del vino in Italia, elaborano una nuova idea che si concretizza, nel settembre 1967 nelle “Giornate del Vino italiano” nel Palazzo della Gran Guardia di fronte all’Arena di Verona. Nel 1969 le cantine espositrici sono già 130. Pian piano l’evento si stacca dalla Fiera agricola, cambia data e nel 1971, Vinitaly diventa una vera e propria rassegna mercantile guidata da Mario Soldati. Negli anni successivi gli espositori cresceranno fino agli attuali 4500 e dal 1998 la fiera inizia a organizzare eventi all’estero percorrendo altre vie per l’internazionalizzazione delle cantine.
I SOMMELIER ITALIANI

I sommelier-post-covid-e-i-concorsi
I Sommelier e gli assaggiatori hanno avuto ed hanno un ruolo fondamentale nella divulgazione della cultura dei vino italiano. Il passaggio dal consumo del vino locale in osteria ai ristoranti con carta dei vini deve molto alla presenza dei sommelier e alla loro opera professionale all’interno della ristorazione e del sistema distributivo. I corsi dei Sommelier che si stanno moltiplicando in tutta Italia, fino nelle zone più periferiche, hanno avuto un ruolo importantissimo nell’alfabetizzazione dei consumatori e nella percezione sociale del vino facendolo diventare di tendenza. Va sottolineato, che gran parte delle “famiglie” italiane della sommelerie ha scelto di formare e ammettere fra i propri membri anche amatori, decisione che le ha tagliate fuori dal circuito internazionale ASI in cui ci sono solo professionisti.
La prima associazione di assaggiatori nata nel nostro Paese è l’Onav nel 1951 ad opera della Camera di Commercio di Asti con scopo didattico rivolto ai consumatori.
Nel 1965 viene fondata l’Associazione Italiana Sommelier AIS che il 6 aprile 1973, con Decreto n. 539 del Presidente della Repubblica, ottiene il riconoscimento giuridico dello Stato. AIS è attualmente la più grande organizzazione della sommelerie italiana con oltre 40.000 iscritti
La FISAR – Federazione Italiana Sommelier Albergatori e Ristoratori – viene fondata nel 1972.
ASPI Associazione Sommellerie Professionale Italiana, è l’unica associata al circuito internazionale ASI.
FIS Fondazione Italiana Sommelier nata da un distacco da AIS nel 2013 è basato su Roma. Produce ogni anno la guida Bibenda ai vini d’Italia e propone corsi e degustazioni di altissimo livello e eleganza impeccabile.
Mi fermo qui ma la lista delle associazioni della sommelerie continua con ARS, , ISF, AIES, SES, SIS….