DALL’IMMAGINE DIGITALE AL BUSINESS DELLA CANTINA 4

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DALL’IMMAGINE DIGITALE AL BUSINESS DELLA CANTINA 4

E’ importante essere visti ma anche apparire veri, simpatici, diversi perché i numeri delle visualizzazioni web si trasformino in fiducia, affezione e vendite

 

Dall'immagine digitale al business in cantina

Dall’immagine digitale al business in cantina

di Donatella Cinelli Colombini

L’argomento vino e digitale riguarda anche il modo con cui la cantina è percepita virtualmente e le interazioni con le nuove figure di influencer. Due argomenti con molti punti di contatto. Il sito non è più solo una vetrina dove i potenziali buyers trovano notizie sull’azienda e sui vini, anche se persino questo aspetto è più importante di prima visto che pochissimi importatori vengono in Italia. Ora il sito va considerato parte di una ragnatela di canali comunicativi con cui la cantina si racconta e dialoga con i suoi clienti, amici e followers. Un modo di rappresentarsi dinamico, tecnico e in continua evoluzione in cui è difficile trovare il giusto compromesso fra autenticità e illusione. Infatti offrire un’immagine di sé felice e dorata, suscita ammirazione e forse crea anche opportunità di business ma allontana dal vissuto vero, dalla natura e dai valori che sono invece i punti di forza su cui costruire il proprio futuro. Meglio quindi essere autoironici, emozionanti, colorati … ma non finti.
I numeri delle visualizzazioni giornaliere contano e farle aumentare comporta un grosso lavoro ma, insieme alla catalogazione e alla profilazione dei visitatori e dei clienti privati, è il solo modo per far funzionare l’e-commerce aziendale e le prenotazioni enoturistiche.

 

Fabrizio Nonis: Dall'immagine digitale al business in cantina

Fabrizio Nonis: Dall’immagine digitale al business in cantina

DAL DIGITALE ALLA VENDITA DI BOTTIGLIE E VISITE

Non fraintendiamo i numeri dell’e-commerce. Nel mondo, una bottiglia di vino ogni 10 è venduta online ed il lockdown ha accresciuto velocemente questo mercato, tuttavia il grosso del business passa dai “pure players” e non dalle cantine. In Italia l’80% dell’e-commerce enologico è in mano a Tannico, Vino.com, Callmewine, altri siti specializzati, supermercati e Amazon (dati Nomisma WineMonitor).
Il dialogo virtuale fra la cantina e la sua community dipende prevalentemente dall’attività di comunicazione social e dalla condivisione di immagini e contenuti, tuttavia beneficia di interazioni con il reale per cui vive anche fuori dal monitor. Una dimensione che viene sviluppata soprattutto attraverso l’invio periodico di newsletter o, più frequentemente, con un wine club. Questa proposta sta riscuotendo un crescente interesse: il 36% delle cantine intervistate da Nomisma Wine Monitor in occasione di Wine2Wine 2020, intende attivarlo nel futuro prossimo. Si tratta di un contenitore che ha uno spazio permanente ed un invio periodico di inviti ad eventi esclusivi. I membri del club ricevono proposte di shopping di bottiglie a prezzi o condizioni di favore oppure altre opportunità di esperienze, incontri riservati in cui, la cantina e la gente che ci lavora si materializzano e entrano in vera relazione con il cliente-amico.

 

IMMAGINE VIRTUALE DELLE CANTINE TURISTICHE

In alternativa alle visite reali cresce la proposta di visite virtuali delle cantine spesso con visione a 360° oppure 3D. Essa ha vantaggi e svantaggi. Ovviamente le imprese del vino rischiano la sostituzione meno dei musei o alle mostre d’arte perché il visitatore può vedere la cappella Sistina quasi meglio a casa che al Vaticano, mentre l’assaggio del vino è meno gratificante nella sua poltrona davanti alla TV. In effetti stanno crescendo le società che frazionano il contenuto delle bottiglie e lo mandano ai consumatori sotto forma di flaconcini perché lo usino durante le degustazioni virtuali ma il risultato è molto tecnico e poco emozionale.
Puntare molto sull’immagine digitale della propria azienda comporta due problematiche: gli ambienti del vino sembrano ancora più uguali rispetto a quanto non siano in realtà e sicuramente sono meno attraenti di quelle degli achistar o dei falsoni come il Castello dell’Amorosa in California con la copia dell’affresco del Buongoverno nella sala banchetti. A complicare le cose c’è un meccanismo amplificatore interno al web per cui la viralità delle immagini del brand famoso che usa foto di grandi reporter e investe nella loro sponsorizzazione, è esponenziale. Per le migliaia di piccole imprese non resta che puntare sulle proprie unicità rendendole anche “simpatiche” e raccontando il proprio vissuto per immagini con autoironia e autenticità.

 

WINE INFLUENCER

La simpatia è l’arma che hanno scelto alcuni tra i migliori wine influencer da cui le cantine possono efficacemente imparare: penso a Georgia Panagopoulou, cioè WineGini oppure Stefano Quaglierini, cioè Italian_Wines, che pur avendo una solida base tecnica, puntano più su un approccio friendly e autoironico per raccontare la realtà del vino. Altro buon esempio è Fabrizio Nonis, el Beker, macellaio influencer che lascia sempre alla carne il ruolo da protagonista.
La categoria degli influencer, sta crescendo velocemente di importanza con grande disappunto di molti dei wine critics tradizionali. Ho scritto molti e non tutti perché alcuni di essi – James Suckling e Jancis Robinson – sono in cima alla classifiche mondiali dei wine instagramers. L’utilizzo di queste figure professionali da parte delle cantine che vogliono aumentare la propria visibilità online è testimoniato dal 24% delle grandi imprese che, durante il lockdown, hanno fatto ricorso a potcast/video con chef/sommelier/influencer, mentre un altro 21% pensa di farlo nel futuro (Nomisma WineMonitor in occasione di Wine2wine 2020).