
Cerchi un piccolo re? Produce vino
Un’indagine mostra come il vino italiano sia una costellazioni di dinastie che possiedono oltre la metà delle cantine italiane più grandi e remunerative
Letto per voi da Donatella Cinelli Colombini
La copertina del Wine Spectator con l’Antinori family è quasi l’immagine di questa affermazione, ma qui di seguito ci sono le prove scientifiche. L’Osservatorio AUB sulle Aziende Familiari italiane che fa riferimento a UniCredit, Università Bocconi e Camera di Commercio di Milano, fotografa le 175 cantine italiane con oltre i 10 milioni di fatturato scoprendo che oltre la metà del totale è a conduzione familiare. C’è di più, tre su quattro, sono ancora guidate dal pater familias cioè da un leader individuale. Il 76% di queste cantine è addirittura controllata da
una sola famiglia. Ma c’è un grosso tallone d’Achille in quello che sembra una costellazione di piccoli regni dinastici: il 26% di questi re ha oltre 70 anni. Un profilo decisamente geriatrico rispetto agli altri settori economici dove tale quota è del 18%.
Una situazione che ricorda quella della dinastia britannica e la frase che l’erede della Regna Vittoria, Edoardo che disse all’Arcivescovo di Cantebury <<Sono felice di avere un Padre eterno. Ma una madre eterna!>>
Nonostante sia un settore con dirigenza attempata, le cantine familiari sono guidate decisamente bene, anzi più sale la presenza della famiglia nel CdA e meglio vanno i bilanci.
Le cantine familiari hanno superato la crisi immettendo il proprio denaro in azienda e accrescendo l’export con una media del 47% di vino venduto oltre confine. Una strategia che ha assicurato ROI ritorni sui capitali investiti, decisamente buoni. Anzi quando l’export sale oltre il 70% il ROI è quadruplo rispetto a chi esporta solo il 20% del fatturato.
Anche visto nel suo insieme l’agroalimentare italiano è largamente di proprietà familiare, infatti il 67% delle grandi imprese passa di padre in figlio. Uno zoccolo duro che fattura 133 miliardi e occupa 1,3 milioni di addetti.
Il rapporto annuale sulle 100 più grandi cantine italiane, pubblicato dalla mia amica Anna
Di Martino, grande esperta di economia e di vino, conferma tutto quello detto sopra. Infatti se le cantine cooperative dominano la classifica dei fatturati totali ( 1. CANTINE RIUNITE & CIV 536 milioni di fatturato, 2° GIV 348.000.000, 3° CAVIRO 230.000.000) quelle familiari sono le più remunerative << A eccezione di Ruffino, Farnese group e Duca di Salaparuta, sono tutte aziende a proprietà familiare quelle che sfoggiano gli indici di redditività più elevati. Questa ambita graduatoria , stilata in base all’incidenza dell’ebitda sul fatturato, è dominata quest’anno dalla Tenuta San Guido del marchese Nicolò Incisa della Rocchetta>>scrive Anna Di Martino.
Gli indici della redditività sono da capogiro: 59% per Incisa, 41% per Antinori, 33% per Cosumano e 30% per Frescobaldi.
Attenzione, non è tutto oro quello che luccica, se le cantine più grandi volano con bilanci più che buoni quelle più piccole fanno molta ma molta fatica soprattutto se l’export è poco sviluppato.